“Le donne nella Resistenza sono ovunque. Ricoprono tutti i ruoli. Sono staffette, portaordini, infermiere, medichesse, vivandiere, sarte. Diffondono la stampa clandestina. Trasportano cartucce ed esplosivi nella borsa della spesa. Sono le animatrici degli scioperi nelle fabbriche. Hanno cura dei morti. Compongono i loro poveri corpi e li preparano alla sepoltura. Un certo numero di donne imbraccia le armi. [...] Tuttavia le donne non hanno ottenuto quei riconoscimenti che meritavano”.
(Angelo del Boca, partigiano, scrittore e storico)
RESISTENZA QUOTIDIANA
Le donne costituirono nel quotidiano per la Resistenza, non un appoggio assistenziale, ma la sua spina dorsale, la sua insostituibile rete di supporto. [...] Così in un primo momento ciascuna, anche se giovanissima, spinta da una profonda emozione, offre aiuto alla fuga, poi si organizza creando immediatamente una vasta rete di assistenza, che serve non soltanto a salvare i singoli smarriti soldati, ma offre agli sbandati la possibilità concreta di organizzarsi in bande di resistenza. Continua così l’attività delle donne: cominciano la raccolta di armi, di cibo, di vestiario, indirizzano i singoli sperduti. Le donne cercano, trovano, indicano luoghi adatti al raduno clandestino.
INFERMIERE
Un ruolo tipicamente femminile, quello dell’assistenza sanitaria, negli anni della lotta alla liberazione è stato scelto liberamente ed esercitato in modo spesso rocambolesco dalle donne partigiane: infermiere, mediche, assistenti fuori da ogni norma, le donne assistono i feriti e i malati individualmente o negli ospedali pubblici o addirittura organizzano veri centri di pronto soccorso e assistenza medica, costituendo una sorta di esercito della salvezza clandestino.
STAFFETTE
La staffetta è una nuova risorsa nata dalla necessità della guerra civile, il suo compito è quello di trasportare ogni sorta di beni necessari, dalle armi alle munizioni, dal cibo alle vesti, dalle medicine alla stampa. [...] Le staffette sono donne che hanno deciso di partecipare in prima linea, di essere individuabili ed esposte, di correre tutti i rischi. Oltre alla consapevolezza della lotta al nazifascismo esse uniscono un desiderio di libertà, di autonomia personale.
FATTORINE
Sui giornali “maschili” le donne non scrivono, qualunque sia la coloritura politica, né su quelli comunisti, né su quelli azionisti, tranne due o tre eccezioni. [...] Le ragazze raccolgono i testi dai nascondigli di più o meno difficile accesso, li battono a macchina, li correggono, li portano in tipografia, di qui ritirano poi i giornali, fogli, manifesti e soprattutto li distribuiscono in mille modi diversi.
RESISTENZA ARMATA
Impossibile spiegare i motivi di tutte le scelte individuali, nel complesso delle testimonianze emerge, sia in quelle femminili che in quelle maschili, che l’uso delle armi viene inteso come desiderio di partecipazione totale. [...] Nelle testimonianze femminili si racconta che spesso i partigiani in brigata tendono a voler considerare e a usare le donne nel loro ruolo tradizionale di cura, spetta perciò alla donna, alla ragazza, insegnare che non è venuta a cucinare, né a fare l’amore, è lei che deve pretendere la parità dei compiti e il rispetto deve guadagnarselo sul campo, cioè nella vita in comune e nella lotta armata.
PRIGIONIERE
Le donne che scelgono di lottare per la liberazione affrontano il carcere durante la Resistenza.[...] Suore e parenti si uniscono nel cercare di insinuare i sensi di colpa nelle politiche, donne anormali, che hanno trascurato i figli per la militanza, problema quest’ultimo che, nell’opinione comune anche alle donne, riguarda, nella coppia, soltanto la madre. Le politiche resistono e, operaie e intellettuali, ottengono qualche modesto diritto, si riuniscono a leggere e a studiare, a discutere tutte insieme e lo studio sembra loro quasi un momento privilegiato di quiete che nel ricordo ci tramandano, nella vita troppo affollata di faccende e di responsabilità che riprendono appena uscite di prigione. Le donne ostaggio, vivendo il carcere come sopruso violento, sono portate ad accogliere il messaggio delle politiche e, dalla riflessione sulla loro sorte privata, arrivano spesso alla consapevolezza antifascista, e assumono quindi sul campo le ragioni della loro resistenza....continua
(ringrazio l’amica Marinella Mancinelli)
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